Vitalità politica o dannosa litigiosità?

Azione, 18.02.2013, Ovidio Biffi

 

Ci risiamo: devo cercare l’elmetto. Devo tornare in trincea: a Massagno c’è un altro referendum all’orizzonte, il terzo nel giro di poco più di 1000 giorni. I media che commentano si chiedono se sia «sana vitalità politica o dannosa litigiosità?». In realtà ignorano bellamente uno dei fondamentali della politica «cantonticinese»: Massagno è uno dei pochi feudi (Ppd, tanto per chiarire) che ancora resistono, tanto da alimentare la storiella che anche re Giorgio teme e rispetta questa rocca. Chi abita fuori si chiederà allora «a che gioco stiano giocando» i massagnesi. Ma non si tratta di un gioco. Anzi: meglio mettere subito in chiaro che è vicenda delicata, da esaminare con la massima cautela.

Il lettore ora avrà intuito perché cerco l’elmetto. È d’obbligo per l’azzardo del discorso su cui intendo soffermarmi: la crisi di autorità e l’efficacia solo apparente degli organi rappresentativi. Mi concedo ancora una premessa: si parla di Massagno, perché è l’esempio più eclatante e più recente; ma il discorso è facilmente allargabile ad altre situazioni politiche del nostro cantone. Sia chiaro che non si vogliono colpevolizzare né le persone schierate in un campo o in quello avverso.

Su l’elmetto, allora. Volendo mettere a fuoco i vari livelli della vicenda, val la pena soffermarsi prima sull’interrogativo mediatico citato: a Massagno c’è sana vitalità politica o c’è una litigiosità devastante? L’ennesimo ricorso al referendum in apparenza sembrerebbe una conferma che la democrazia diretta sta conoscendo un vero e proprio rinascimento. Ma siamo nel concreto? Infatti, cercando tra cause e denominatori comuni che hanno originato i vari casi, si scopre che può essere vero anche il contrario, cioè che questo terzo segnale può essere letto come una prova che la democrazia è in crisi e sta subendo profondi mutamenti. Siamo cioè al paradosso: mentre lo strumento del referendum fa pensare ad un «revival» della democrazia, il suo uso smodato insinua dubbi sull’esistenza di un «mal sottile» che sta minando alla base uno dei suoi cardini: la rappresentatività di chi è delegato a governare la cosa pubblica. Volendo schivare le influenze di questo paradosso, vien da chiedersi se per caso non si sia in presenza di un terzo sviluppo della medesima crisi. Ce lo suggeriscono perlomeno due componenti. La prima è che le istanze coinvolte, cioè Municipio e Consiglio comunale, legalmente autorizzati a rappresentare i cittadini e legittimi depositari della volontà popolare, in realtà vedono un’altra volta il loro mandato contestato dopo un normale e, come sempre, per nulla dibattuto voto favorevole del legislativo. La seconda componente è un po’ più subdola: la crisi acquista con questo terzo referendum un più elevato grado di gravità dal momento che le elezioni comunali intervenute nel frattempo non sembrano aver risolto, o modificato, questa crisi istituzionale. Ne deriva una conferma: a dispetto dell’impatto mediatico, il peso politico o il tornaconto elettorale di chi si oppone alle decisioni adottate dalla maggioranza continua ad essere minimo, quasi evanescente. In altre parole: la maggioranza ha la maggioranza, il potere ha il potere, le decisioni sono legittime, i crediti sono votati da chi è legalmente autorizzato ad approvarli. Ma dopo pochi giorni si torna daccapo: non ci stiamo più, ping pong di accuse, firme, referendum... Sano gioco democratico?

Ripassando la casistica ho notato una componente che non è stata sufficientemente messa a fuoco. Provo a evidenziarla. La prima crisi è scoppiata contro la trincea ferroviaria e la sua copertura costruendovi sopra un campus e quant’altro, un progetto tutto ancora da chiarire. Secondo focolaio: referendum contro la vendita di una piccola abitazione che avrebbe potuto favorire la casa anziani confinante, ma anche il potenziale acquirente. Infine ecco il terzo atto: firme contro l’abbattimento della piscina vetusta che dovrebbe lasciare il posto a una doppia palestra e spostarsi più in là, diciamo a 300 metri dalle scuole, a ridosso di un centro sportivo (quasi a ridosso di una piscina coperta privata, ecc. ecc...). Insomma, giusto pensare a una crisi della democrazia, ma non si può dimenticare che i tre referendum riguardano tutti progetti di costruzioni, lavori di architettura che (cammin facendo e con balletto di costi e destinazioni) hanno ripetutamente cambiato i progetti iniziali. Tutti e tre i referendum hanno poi avuto un percorso informativo perlomeno accidentato, con chiarezza e verità evidenti per il legislativo ma non sempre in bella vista per la popolazione (tant’è vero che, anche per il terzo episodio, autorità e «progettisti» hanno dovuto rimediare la solita serata informativa a scoppio ritardato). Ecco, forse è qui che la crisi si sviluppa, forse è qui che occorre cercare spiegazioni e soluzioni.